In Monferrato, quando la storia si combina con la passione, si ottiene qualcosa di veramente unico: la Barbera d’Asti.
Cinque anni fa ho intervistato il pioniere dei vini californiani, Tim Mondavi. Durante il tempo speso insieme, mi ha raccontato di un viaggio da lui compiuto in Borgogna assieme al padre: “Ero con mio padre, entrambi ansiosi di comprendere quale fosse il segreto di questo territorio rinomato in tutto il mondo per la qualità dei suoi vini. Era la nostra ossessione, lo chiedevamo a tutte le persone che incontravamo. E tutte ci rispondevano la stessa cosa: non è merito nostro, ma del terroir. Il terroir… di cosa stanno parlando? Del loro cane?” (Per inciso, la stessa risposta gli veniva offerta anche quando trovavano un vino terribile.. Ma si sa, il terroir ha le spalle larghe).
Per capire anche noi di cosa stessero parlando, è necessario partire dalla definizione di quello che, nei fatti, è uno dei termini più abusati nel mondo del vino.
ter · roir
Sostantivo
“L’ambiente naturale in cui viene prodotto un vino, inclusi fattori quali il suolo, la topografia e il clima”.
La prima impressione che ho è che alle volte lo si usi troppo, e a sproposito. Sono tanti i viticoltori che parlano di terroir, nonostante non tutti possono vantare quegli elementi necessari a rendere un vino unico. Uso il termine ‘Unico’ non a caso; sono infatti convinto che gli elementi normalmente associati al concetto di terroir, quali le condizioni atmosferiche, il suolo, le vigne, il sole, la pendenza, la storia, la passione, il sangue, il sudore e le lacrime, assumono importanza solo se riescono a produrre un vino che non può essere replicato altrove sul pianeta.
E per me la Barbera d’Asti è unica. Pur essendo diffusa a livello globale, la Barbera coltivata nelle colline astigiane è capace di distinguersi dalle sue ‘cugine’. Nel Monferrato essa trova il suo habitat ideale, dando vita a vini ideali per l’adesso (magari accompagnati da una pizza), ed al contempo capaci di invecchiare a lungo, alla pari dei più celebri vini italiani.
L’inizio di tutto questo deve essere fatto risalire al processo di formazione delle locali colline, che prendono forma nell’era terziaria, quando il mare si ritirò dalla Pianura Padana avviando quel processo di erosione di cui è figlio il paesaggio piemontese. Questi depositi sono di due diverse tipologie: terre bianche e sabbie astesane.
Le prime sono i suoli più vecchi, il cui nome deriva dal caratteristico aspetto grigio chiaro. Essi sono frutto dei ricchi depositi di carbonato di calcio, limo e argilla, nonché dall’abbondare di gusci fossili marini, ancora oggi presenti tra le colline del Monferrato. In generale, la Barbera prodotta su questi terreni è quella che più facilmente inganna gli esperti: piena, profonda, speziata, ricca di frutti rossi e in grado di invecchiare per diversi anni in bottiglia.
La seconda area è quella delle sabbie astesane, costituite da depositi sedimentari marini dell’epoca pliocenica. Esse si trovano principalmente nel cuore della zona di produzione, sulle pendici prossime al fiume Tanaro. La Barbera che cresce su questi terreni ha generalmente meno acidità, ed è accompagnata da sensazioni di frutti rossi che esprimono il meglio di sé nei primi anni di vita. Complessivamente si tratta di suoli poveri di materiale organico, che sottopongono le viti ad un piccolo stress, utile per dare vita a uve più intense e saporite.
Impossibile discutere poi del terroir senza una chiacchierata sul clima, che qui è temperato, mediamente piovoso e con una buona escursione termica, tanto annuale quanto giornaliera. Il calore e gli sbalzi termici consentono una maturazione che mantiene viva la componente acida delle uve Barbera. L’inclinazione e la composizione delle colline, facilitando il drenaggio dell’acqua, sollecitano l’impianto radicale delle viti. Il risultato è un vino più intenso, da gustare a fondo.
Per quanto riguarda gli aspetti umani e storici, beh… vi rimandiamo a quanto abbiamo scritto sul riconoscimento di questi paesaggi vitivinicoli a Patrimonio Unesco.
In definitiva ciò che rende il Monferrato un terroir riconoscibile a livello mondiale è la fusione di quanto sopra. Le infinite combinazioni di suoli, pendenze, esposizioni e terreni possibili, danno vita ad un unicum, che si riflette nei vini prodotti. Se a questi elementi si combinano anche la passione e la conoscenza sviluppata nei secoli, allora si ottiene veramente qualcosa di irripetibile. Un’alta qualità, che si sposa con quel denominatore comune rappresentato dall’autenticità di ogni vino.
Ecco, questo per me è il terroir (e non mi interessa ciò che dice il dizionario!).